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Asl Vercelli: Supporto degli operatori della Psichiatria a 360 gradi in ospedale e sul territorio

Notizie

Data di pubblicazione: 11/05/2020

Asl Vercelli: Supporto degli operatori della Psichiatria a 360 gradi in ospedale e sul territorio

Prassi consolidate che per questi utenti sono parte integrante di un percorso di cura che non può e non deve subire stop. Così psichiatri, infermieri ed educatori sono scesi direttamente in campo, ma questa volta a casa del paziente per attuare quelli che si definiscono “interventi riabilitativi di tipo occupazionale”. Circa 300 i pazienti seguiti a casa tra l’area nord e l’area sud dell’Asl di Vercelli con una media di 80 visite domiciliari a settimana.

“I pazienti psichiatrici più fragili – spiega il direttore della Psichiatria dell’ASL VC Luca Tarantola – non devono sentirsi abbandonati ed è, dunque, fondamentale assicurarsi che anche i gesti quotidiani, come quelli di vestirsi, mangiare con regolarità o dormire, siano mantenuti il più possibile. Questa esperienza ha rafforzato ancor di più un principio, per molti versi noto, e cioè che gli interventi di psichiatria funzionino meglio al di fuori di un contesto ospedaliero.

Gli utenti affetti da una patologia psichiatrica – in uno spazio confortevole e abituale – sono più portati ad utilizzare le loro risorse e ciò da più valore anche ai nostri interventi.

Nel momento in cui tutto si chiudeva e tutti rimanevano a casa, infermieri ed educatori si recavano al domicilio dei pazienti per proseguire i trattamenti, consapevoli che quel luogo potesse divenire davvero uno “spazio negoziale” in cui il paziente è ben disposto ad attingere alle proprie risorse valorizzando così anche l’azione riabilitativa”.  

E se l’assistenza psichiatrica domiciliare  ai tempi del coronavirus ha permesso una continuità nelle cure, al tempo stesso in ospedale è emerso un bisogno crescente di supporto per pazienti e familiari, ma anche per gli operatori.

“Il momento dell’emergenza legato alla pandemia – sottolinea la dott.ssa Silvia Ferraris – responsabile dell’SPDC (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) dell’Ospedale S. Andrea – è coinciso per noi con l’urgenza di mettere in atto azioni utili sia a chi viveva il dramma di una malattia fortemente isolante, sia ai molti colleghi impegnati in prima linea. Così ci siamo recati nei reparti e – in collaborazione con i colleghi della psicologia – abbiamo fatto da filtro, anche favorendo la comunicazione in videochiamata tra pazienti e familiari, accompagnandoli anche in momenti molto delicati e complessi. Un ascolto costante che abbiamo manifestato ai colleghi in prima linea, provati spesso sul piano emotivo dagli effetti di una patologia mai vista. È prevalsa l’idea che fosse più che mai necessario “sporcarsi le mani” per lasciarsi contagiare dalle emozioni; ci siamo confrontati con la sofferenza in un momento in cui la prassi di dover porre un certo grado di funzionale distacco, comunque consolidata in medicina, con il coronavirus è venuta meno”.

“Il covid – conclude il dott. Tarantola – ha imposto a tutti noi la necessità di sviluppare non solo nuovi modelli organizzativi, ma di ripensare in toto il nostro agire e il nostro approccio assistenziale. La psichiatria dopo il covid , pur nel rispetto delle norme esistenti, può trovare nuove modalità di sviluppo sempre più in rete con il terzo settore, con il territorio e con il mondo delle associazioni”.